venerdì 1 ottobre 2010

INTENTO DE GOLPE DE ESTADO EN ECUADOR - 30 SET. 2010


QUITO. Giornata di golpe strisciante a Quito: militari e poliziotti si sono rivoltati contro il governo di Rafael Correa, dopo che il Parlamento ha approvato una legge che li equipara a tutti gli altri dipendenti pubblici, tagliando molti benefici economici. Qualche ora più tardi, il governo ha decretato lo stato d'emergenza per cinque giorni.

Una protesta dai confini ancora incerti, ma che ha portato Correa - che è dovuto ricorrere alla cure mediche dopo il lancio di lacrimogeni in seguito a una tentata aggressione dei dimostranti - a denunciare un "tentativo di golpe" dell'opposizione. In serata, è giunta la notizia di un primo contatto ufficiale tra Correa e una delegazione dei poliziotti, insieme ad un avvocato, in una delle stanze dell'Hospital de la Policia Nacional dove il capo dello Stato è ancora bloccato in una stanza al quarto piano, dove, ha riferito il ministro degli Interno Gustavo Jahlka, "é tranquillo".
All'esterno della struttura però la tensione resta altissima: i sostenitori del presidente, scesi nelle strade dopo l'appello del ministro degli Esteri a "salvare Correa", si confrontano con gli agenti. Testimoni citati dall'emittente Telesur riferiscono che i poliziotti hanno lanciato lacrimogeni per disperdere la folla. La giornata era iniziata molte ore prima, quando in un drammatico messaggio alla radio Correa aveva riferito che "un gruppo di poliziotti sta cercando di entrare nella mia stanza dai tetti. Se mi capiterà qualcosa la responsabiltà sarà loro. Il mio amore per la patria - aveva aggiunto - è infinito". Mentre l'America Latina sembra rimpiombare, come più di un anno fa nel caso Honduras, nell'incubo di un nuovo colpo di Stato, subito sono arrivate reazioni unanime di condanna: dai Paesi latinoamericani (da Cuba e Venezuela, al Messico e il Brasile) ma anche dagli Stati Uniti, e da una lunga serie di capitali europee. Come avviene spesso nei tentativi 'golpistas' nella regione, i militari e poliziotti si sono mossi fin dalle prime ore dell'alba, quando hanno cominciato ad occupare le caserme in diverse città del Paese, compreso quella del Reggimento Quito 1, la principale della capitale, oltre all'aeroporto, mentre sempre nella capitale, banche, uffici e scuole venivano chiuse. Alla Quito 1 è intervenuto, protetto da una grossa scorta, lo stesso Correa, il quale, dopo aver cercato di calmare gli agenti, ha ammonito: "Non farò nessun passo indietro.
Se volete occupare le caserme fatelo pure, tradendo la vostra missione". Correa, dall'ospedale, ha denunciato agenti che vorrebbero aggredirlo anche nel nosocomio, affermando che "saranno loro i responsabili se sarò ferito". Poco prima, membri delle forze di polizia avevano occupato anche la sede del Parlamento, bloccando alcuni deputati che hanno approvato la legge. In prima linea nella difesa di Correa, il presidente venezuelano Hugo Chavez ha da Caracas fatto sapere che "Correa é in pericolo di morte. Quella in corso a Quito è un'operazione che si sta preparndo da tempo, forse dell'estrema destra, dell'oscurantismo. La vertenza salariale dei militari e poliziotti è solo una scusa" per prendere l'assalto il potere. Anche diversi esponenti del governo di Correa hanno segnalato che a innescare i movimenti dei militari sono stati esponenti politici.
"E' una situazione delicata. Siamo di fronte a un processo di destabilizzazione", ha detto il ministro degli interni, Miguel Carvajal, senza fare nomi sui responsabli politici. "Sullo sfondo di quanto successo c'é la politica", ha aggiunto il ministro del lavoro, Richard Espinoza, per il quale i responsabili di quanto avvenuto oggi a Quito sono "le tipiche mafie di sempre".